In un panorama digitale in rapida evoluzione, in cui si prevede che gli investimenti globali in intelligenza artificiale raggiungeranno oltre […]
Già dapprima dell’emergenza Covid-19, lo Smart Working aveva
iniziato a essere un fenomeno in crescita.
In questo periodo fatto di uffici chiusi e dipendenti al lavoro da casa, lo Smart Working è diventato, per molte aziende, l’unico modo per continuare a lavorare.
Siamo passati da un livello di protezione generalmente più alto in azienda, a livelli di protezione sempre più bassi, passando a connessioni
casalinghe a quelle aperte, in luoghi pubblici. Un altro fenomeno in
forte crescita durante il lockdown è stata l’esplosione dell’ecommerce, dove la crescita, in pochi mesi, è stata superiore alla intera crescita dell’ultimo decennio. L’utilizzo di “password reuse” per registrarsi ai siti di e-commerce e alle piattaforme social ha visto l’aumento del rischio di compromissione anche delle credenziali aziendali. Il lavoro da remoto ha quindi dato la possibilità̀a gruppi di (cyber)criminali di approfittare delle scarse o inesistenti misure di sicurezza informatica in ambiente domestico (tanto più dai luoghi di villeggiatura), cercando di veicolare attacchi diretti verso gli utenti connessi da fuori azienda.
Cosa succede quando un attacco ha avuto successo e un utente è caduto nella trappola, permettendo l’installazione di software malevolo per il controllo remoto del proprio device?
Come intervenire in caso di attacco informatico in Smart Working?
Leggi il decalogo dei nostri esperti e chiedici un check-up gratuito.