In un panorama digitale in rapida evoluzione, in cui si prevede che gli investimenti globali in intelligenza artificiale raggiungeranno oltre […]
Abitare il digitale non significa sostituire l’ambiente fisico, che fa anch’esso parte del nostro futuro ma che dobbiamo investire tempo, energie e risorse per farlo nel migliore dei modi. E in sicurezza, come spiega Federica Spampinato.
Federica Spampinato è un’imprenditrice nel settore della comunicazione video e della media literacy education.
Autrice del saggio sulla risk culture La nuova scienza del rischio. L’arte dell’immaginazione, della difesa e della protezione (Guerini e Associati). Si occupa di progettazione editoriale e multimediale. Ha fondato la casa di produzione di edutainment OEJ Agency ed è direttrice della testata giornalistica di social change NOOS TV.
Quale sarà la sfida principale nel nostro settore per il 2021?
Il 2020 ha accelerato notevolmente quello che in Italia chiamiamo smart working, dando una sferzata nei confronti della digitalizzazione anche alle aziende che procrastinavano il processo. La sfida principale per il 2021 sarà accompagnare le aziende a strutturarsi per proteggere le persone, da un lato; dall’altro, lavorare per l’alfabetizzazione tecnologica universale. Ci sono processi di rischio che generano potenziali danni comunicativi, reputazionali o economici, e che possono essere innescati dagli stessi utenti nonostante le azioni di protezione attivate dalle aziende. È necessario aumentare la consapevolezza nei confronti della tecnologia e abbattere il divario intergenerazionale.
Quali i mezzi per vincerla?
Lavorare per innescare questa consapevolezza permetterà di migliorare la salute organizzativa generale e la qualità del lavoro, oltre a chiamare tutti, indistintamente, al concetto di responsabilità e protezione. È questa la strada indicata dalla Cindynics, la Scienza del Rischio, che anche nell’ambito della cybersecurity porta approcci e protocolli innovativi per la strategia e la sicurezza della persona. Cosa fare? Fare e suggerire di fare formazione, a tutti i livelli. E non solo formazione tutoriale: oltre a
“come si usa”, bisogna insegnare il senso e dare suggerimenti sull’approccio
all’ambiente digitale. La consapevolezza degli utenti è anche la consapevolezza dei decisori, che possono così capire che la CTI (Cyber Threat Intelligence) è necessaria per poter decidere come proteggere, per esempio, dagli attacchi informatici al sistema e alle persone.
Abbiamo parlato di Cyber Threat Intelligence qui.
Quali processi di business e quali funzioni organizzative sono più sotto pressione per la trasformazione in atto?
Molto semplicemente: più aumenta l’uso delle tecnologie digitali, più aumentano i dati, più aumentano le minacce che si diffondono e viaggiano insieme ai dati stessi. Certamente il lavoro degli analisti nel campo della cybersecurity oggi è sotto pressione, soprattutto se alla base dell’attività aziendale non c’è un’attività di machine learning che, per esempio, rileva alcuni automatismi sul processo di trasmissione dei dati semplificando e migliorando notevolmente il lavoro dell’essere umano che interverrà successivamente per mitigare e combattere le minacce cyber. È un campo in cui, inoltre, ci sono poche professionalità rispetto alla necessità effettiva di mercato. Ma questo riguarda in generale tutte i nuovi ruoli connessi alle tecnologie. Da qui anche l’importanza di diffondere cultura del digitale nelle aziende e nelle scuole.
Qual è (ovvio al di là dei dati economici) il segnale che decreterà la ripresa?
Credo che il segnale che decreterà la ripresa sarà un segnale debole, invisibile. Mi immagino un momento in cui ci accompagneremo vicendevolmente ad una nuova normalità sociale, portandoci dietro l’esperienza della pandemia e di questi mesi di lockdown che hanno capovolto le certezze. Nel frattempo avremo capito che “abitare il digitale” non significa sostituire l’ambiente fisico, che fa anch’esso parte del nostro futuro e che dobbiamo investire tempo, energie e risorse per farlo nel migliore dei modi.
Cosa sarà the next big thing nel 2021?
La capacità di immaginare, che assume di nuovo nella società il ruolo cardine che si merita. E la cultura del rischio, che comincia a prendere spazio nelle organizzazioni e nelle imprese, e che proprio grazie all’immaginazione e alla tecnica è capace di prevenire davvero, e non solo di intervenire a posteriori.
Quali sono le sfide che si apprestano ad affrontare i manager del nostro settore nel 2021?
Leggi tutte le interviste.
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